Glossario

LE PAROLE-CHIAVE DELLA CONSULENZA FILOSOFICA

Vi presentiamo alcune brevi, riassuntive ma efficaci definizioni di concetti-chiave per la consulenza filosofica, ad uso di coloro che praticano questa disciplina e degli utenti che se ne servono.


 

non contraddizione



Oggi la ragione, dopo un periodo di grande successo, non va più di moda. A scuola, ancora vent’anni fa, ce ne proponevano il culto, sul modello degli illuministi del XVIII secolo. La Dea Ragione che, secondo alcuni, aveva portato l’uomo fuori dalle tenebre della superstizione e delle fedi, questa regina, talvolta antipatica e tirannica, oggi appare detronizzata. Oggi sono di moda le passioni, i sentimenti, l’andare dove porta il cuore, senza pensare, peraltro, che l’espressione “cuore” ha tradizionalmente un significato ampio, che comprende anche intelletto e raziocinio. Ma tutto ciò che è di casa nella casa della ragione sembra un ospite indesiderato nella “casa di psiche”, nei luoghi dell’anima intesa come ricettacolo di tutto ciò che è romanticamente affettuoso, entusiasta e carismatico. Improvvisamente ci si è innamorati delle corde che vibrano, delle danze degli antichi dei della Grecia, un po’ orgiastiche, un po’ da ‘impero dei sensi’. La ragione è la nuova cenerentola, la figlia povera. Una dimostrazione della sua povertà, sia detto per inciso, è che, come i veri poveri, viene accolta nella Chiesa. In ogni caso, proprio a motivo di questo suo marchio démodé, si potrebbe benissimo sentire parlare, di fronte ad un richiamo alla coerenza e al ragionamento corretto come quel poeta che ha vergato i seguenti, simpatici versi:

 

Mi contraddico? Sicuro

Perché te ne meravigli?

Non siamo noi forse i figli

Del dubbio e dello spergiuro?

 

Non sai (mistero giocondo!)

Che la contraddizione

È l’anima della ragione,

Tutta la vita del mondo?

 

Essere uno e diverso

E coerente e sconnesso

Vuol dire rifare in se stesso

Il glorioso universo.

 

(A. Graf, Mi contraddico?, in Id., Rime della Selva, in G. Rensi, Filosofia dell’assurdo, Adelphi, Milano, 1991, p. 26).

 

Sono certo che in qualche salotto buono potreste positivamente sorprendere molti citando questa poesiola, magari dopo cena, quando il discorso si fa leggero e al tempo stesso intellettualmente pretenzioso. Nondimeno, malgrado il successo che potreste riscuotere con una simile poetica dimostrazione presso coloro cui piace fare sfoggio di dubbi iperbolici e assoluti per apparire “più profondi”, nulla vi impedirebbe di cadere oggettivamente nel più grave degli errori dell’intelligenza. Non contraddirsi è infatti la condizione fondamentale affinché noi riusciamo a comunicare qualcosa. La non-contraddizione è il principio di ogni pensiero e comunicazione che abbia significato. Tale principio dice che di uno stesso oggetto del discorso non si può contemporaneamente e sotto lo stesso punto di vista affermare e negare qualcosa (il suo corollario è che di un oggetto si deve affermare che è quell’oggetto, principio di identità). Per esempio: se io sto dicendo che la forma di questo tavolo è rettangolare, non posso dire che essa è al contempo rettangolare e circolare; se io sostengo che la persona X mi è simpatica, non posso dire che nello stesso tempo e riguardo al medesimo aspetto del suo carattere e del suo comportamento mi è antipatica; se io affermo che la filosofia è una disciplina fondamentale non posso al contempo dire che essa è irrilevante. Ogni discorso può ammettere il passaggio nel tempo da una condizione ad un’altra, alternativa e incompatibile con la prima, ma non può ammettere la presenza di elementi contraddittori nel medesimo tempo. Ciò riguarda la struttura stessa del nostro parlare, il fatto che il nostro parlare dice qualcosa (identità) e, dicendo qualcosa, esclude il suo contrario (non contraddizione). Se non fosse così, non riusciremmo mai a capirci.

Il principio di non-contraddizione è stato formulato per la prima volta dal grande filosofo greco Aristotele nel famoso libro “gamma” della Metafisica, una delle opere più lette e commentate nella storia della filosofia. Egli lo chiama “il più sicuro di tutti i principi” e lo dimostra facendo vedere che chiunque parli lo deve utilizzare. Anche infatti colui che volesse negare il principio di non-contraddizione, dovrebbe asserire alcunché di significativo e non contraddirsi. Dovrebbe innanzitutto cominciare con il dire: “Codesto principio non è vero”, escludendo al tempo stesso che esso sia vero. Ma, così facendo, già in via preliminare, rispetterebbe appieno i dettami del principio di non-contraddizione, cioè direbbe una cosa almeno coerente con se stessa. Essere coerenti con se stessi è un modo di escludere la forma primordiale dell’incoerenza, ossia appunto la contraddizione. Dunque l’avversario del nostro principio, proprio quando volesse negarlo, finirebbe implicitamente per ammetterlo nel suo modo effettivo di parlare.

La non contraddizione risulta quindi essere la struttura di ogni discorso possibile, anche di quello che ambirebbe a confutarla. Questa struttura, poiché riguarda una condizione inaggirabile della formulazione di qualcosa di sensato, non può non coinvolgere anche la realtà. Siccome tutto quanto si può dire con una certa ragionevolezza è non-contraddittorio, anche ogni realtà, nella misura in cui può essere descritta dal nostro discorso, deve rispettare questa non contraddittorietà. Ciò non significa negare che il mondo possa essere estremamente complesso e apparire contraddittorio, non significa che l’universo non sia di una ricchezza insondabile e non contenga un numero infinito di configurazioni, di oggetti, di varietà. Non significa nemmeno che noi non possiamo percepire dentro quel micro-universo che noi stessi siamo sentimenti contraddittori - per esempio trovarci ad essere contenti e al contempo tristi, curiosi e al contempo preoccupati, entusiasti e al contempo guardinghi. Tuttavia in tutti questi casi si tratterà di dipanare una matassa di motivazioni diverse e contrastanti e di vedere il peso di ognuna, scoprendo che in realtà ogni sentimento ha radici in  percezioni differenti e in molteplici approcci alla realtà, ciascuno in grado di produrre un effetto sulla nostra interiorità. Ogni elemento tuttavia non si contraddice, è quello che è e non è al tempo stesso altro. La descrizione dell’interagire dei singoli elementi, anche se molto complicata e di difficile comprensione, sarà valida solo se, per sua primaria condizione, non si contraddirà. Dunque, sebbene la complessa risultanza dei nostri stati emotivi e delle loro “cause” possa sembrare  contraddittoria, una volta spiegata e chiarita nei singoli componenti e nel loro reciproco interagire attraverso un discorso adeguato e corretto, non risulterà più essere più tale. Altrimenti finirà per essere incomprensibile, tanto più incomprensibile quanto più sarà permeata dalla contraddizione.

Così vale non solo per noi stessi, ma per ogni oggetto del nostro mondo che si sottopone all’ intelligenza e la sollecita alla conoscenza, cioè a quell’atto che appartiene in modo peculiare e distintivo alla nostra umanità. In fondo, da sempre, la sfida della conoscenza rimane in primis la sfida della non-contraddizione.

 

Massimo Maraviglia